Driver

 



Di Matthew Lovers


Questa storia, dai tratti fiabeschi, inizia ogni mattina in un parcheggio sterrato di moltissime località ai margini di agglomerati urbani. Tra i banchi di nebbia, indicativamente alle 7:00 del mattino, si scorgono delle sagome di esseri mitologici. Qualcuno li ha ribattezzati “Driver”. Sono eroi moderni, coloro che portano i doni e che regalano sorrisi ai bambini di ogni età. Non portano mantelli ma giubbotti catarifrangenti. Non guidano una slitta con le renne ma dei furgoni più volte incidentati. Qualcuno li chiama anche “i nuovi angeli del lockdown”.

Nella periferia del mondo, ogni mattina, si dà inizio ad un rituale tribale. Si timbrano i cartellini, si fanno le foto ai furgoni, si accendono i motori, si alzano i volumi degli stereo, si abbassano i finestrini e ci si dirige verso “la Station” Amazon al grido di «Ce la faremo!».

I Driver hanno volti ruvidi, invecchiati precocemente. A distanza ravvicinata riesci a riconoscerli. Più che a Batman assomigliano a Joker. Portano le ferite degli esclusi del mondo, tipiche del sottoproletariato suburbano. Ci sono Driver giovanissimi che sembrano delle copie incattivite di Young Signorino. Ma ci sono anche trentenni e quarantenni che scontano quotidianamente i drammi del “day after” senza soluzione di discontinuità. Sono valorosi guerrieri che vivono di lavoretti e si tengono a galla come possono. Sono la working class post-moderna, ma senza particolari velleità rivoluzionarie.

Nel paese dei balocchi, alle ore 7:30, si fa il carico di doni. All’interno del magazzino ci sono elfi lavoratori che si muovono dappertutto alla ricerca dei carrelli con i pacchi da consegnare. Un App sul cellulare ti guida nel percorso di ricerca e ti assegna la rotta giornaliera. 85 fermate, 145 pacchi da consegnare. Inizia la giornata lavorativa e sai che dovrai correre come una gazzella, più veloce del leone.

Carica il furgone, scarica il furgone. Consegna il pacco, ritira il pacco. Chiama il cliente, avvisa il cliente che sei passato e hai trovato chiuso. Trova l’indirizzo corretto, consegna al vicino solo se il cliente è d’accordo. La telefonata verrà registrata. Sanno dove sei, sanno se ti sei fermato a far pausa, a bere un caffè, a pisciare. Non devi pensare a niente, fatti guidare dall’algoritmo che ha calcolato tutto per te. Il percorso, la media del tempo di consegna di ciascun pacco, gli imprevisti, le eclissi lunari e le percentuali di rischio di caduta di un asteroide.

Eppure, ogni Driver sa di essere una pedina importante del gioco, persino fondamentale. Al corso di formazione Amazon ti spiegano che sei “il volto dell’azienda”. Ti ricordano di sorridere e di rispondere sempre, in qualsiasi occasione, in maniera educata al cliente. Non buttare i pacchi nel giardino, non lanciarli sul balcone. Ogni tuo comportamento sconsiderato può macchiare la reputazione dell’azienda. Sei e resti l’immagine stessa di un modello di organizzazione aziendale complesso, a tratti misterioso. Il cliente ne apprezza l’efficienza spesso senza porsi troppe domande. L’importante è vedere il proprio pacco in consegna il giorno scelto e nell’ora stabilita. «La vostra ossessione è il cliente»; così ci hanno spiegato al corso mentre ci mostravano immagini di lavoratori sorridenti che consegnano doni a persone della middle-class americana. Negli Stati Uniti i Driver hanno la divisa e un cappellino bellissimo. Noi ci accontentiamo di un badge e di una pettorina fluorescente: quelle che usi nelle partitelle di calcetto con gli amici. Ad ogni modo, siamo “l’ultimo miglio”, la parte che rende possibile la magia; i consegnatari dei doni a tutti i clienti affezionati. In una sola parola: i “Prime”.

Effettivamente sei felice quando vedi gli occhi che luccicano del cliente, entusiasti di ricevere il dono che attendevano. Quando suoni al citofono solitamente senti un «sì…» leggermente scazzato. Appena sentono: «corriere Amazon!» cambia subito l’intonazione della voce del cliente che immediatamente rispondono come i bambini a Natale: «Arrivo subito!». Non sempre, va detto. Ci sono anche clienti che ti rispondono: «Senta, devo proprio scendere? Me lo può lasciare al piano davanti alla porta?». In quel momento ti ricordi della regola fondamentale: «la tua ossessione è il cliente.». Rispondi affermativamente. Quinto piano senza ascensore e passa subito la magia.

A fine giornata lavorativa potresti aver camminato anche 15 Km a piedi. Col furgone magico pieno di doni potresti invece aver percorso una sessantina di chilometri qualora l’algoritmo abbia scelto per te un percorso in prossimità della “Station”. A fine giornata torni dove tutto è iniziato e consegni i pacchi che, malauguratamente, non sei riuscito a consegnare perché il cliente non c’era o non era disponibile. Talvolta nel tuo carico ti ritrovi anche pacchi misteriosi, privi di codice di identificazione. Gli elfi del magazzino ritirano questi pacchi a fine giornata senza dirti nulla. Aleggia un mistero su questi pacchi. Tra i Driver gira una leggenda. L’algoritmo non riesce a identificare il cliente e il sistema reintroduce tali pacchi nella rotta di un nuovo Driver ogni maledetta mattina senza che questi possano trovare mai il proprio destinatario legittimo.

Quello che penso dei pacchi senza un destinatario è che questi rappresentano un simbolo di libertà, una falla del sistema destinato ad essere imperfetto nonostante la dittatura dell’onnisciente algoritmo. Questi doni che non trovano il proprio posto nel mondo sono anche espressione di qualcosa di più profondo, qualcosa che riguarda il funzionamento del nostro sistema economico. L’economia della logistica mette in luce la profonda isteria del contemporaneo che trova il suo massimo sfogo nell’attività di movimentazione delle merci. Merci che viaggiano ininterrottamente in ogni parte del mondo. Si produce valore spostando oggetti.

Spostare cose è l’immagine del nuovo corso del capitalismo post-moderno. Una nuova religione che rassicura i fedeli: ogni cosa troverà il suo posto nello spazio. L’algoritmo ci dirà come farlo, abbiate fede.

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