William Tyler, da Nashville, vanta un curriculum dove spiccano nomi come Lambchop e Silver Jews, ed è uno dei più ispirati chitarristi degli ultimi anni.
Le sue affascinanti divagazioni bucoliche in stile american primitive hanno ridato lustro a un genere che conta pochi, se non pochissimi, interpreti eccellenti (ne parlavo qui tempo fa). Il suo aggraziato e visionario fingerpicking, oscillante tra l'omaggio all'eredità di John Fahey (Behold the Spirit) e le contaminazioni ambient e kraut (Modern Country), ha sempre avuto come leganti la grandissima sensibilità melodica e la potenza visiva che permeano ogni brano. Le vedute di Tyler hanno l'efficacia di un'istantanea, o la lenta pervasività di un campo lungo di una camera fissa su un paesaggio cangiante.Un elemento che ha catturato la mia attenzione fin dalla pubblicazione nel 2013 di Impossible Truth, è la presenza in scaletta di brani legati a una figura femminile (due, se escludiamo il generico riferimento alla signora di "Our Lady of the Desert"). Forse non a caso è proprio in quelle composizioni che ho trovata condensata la bravura di Tyler, le sue prove poetiche di più ampio respiro e magnetica evocatività, come in un infittirsi dell'ispirazione dovuta proprio ai personaggi al cui nome è dedicato il brano.
"A Portrait of Sarah" (da Impossible Truth) funziona come un vero ritratto: la chitarra acustica che vibra piena in uno spazio di risonanze fitte fitte, tratteggia una melodia aperta, limpida, colma di cromatismi (quella tessitura annodata in modulazioni sulle corde alte che funzionano come guizzi, con il compito di screziare il motivo principale), per poi ripiegarsi brevemente in un cenno riflessivo che apre a una rapsodia di rincorse circolari, dove le risonanze sui bassi dell'accordatura aperta fungono da bordone costante, da corredo timbrico allo sgargiante dipinto tratteggiato sulle sei corde. In una continua variazione sul tema, Tyler si fa sempre più appassionato e passionale, e il risultato è uno dei più bei racconti chitarristici degli ultimi anni. Ogni Sarah metaforica meriterebbe qualcosa del genere.
E poi "Rebecca" (dall'ultimo Goes West), che si apre tra i lenti riverberi di una pulitissima chitarra su lieve sfondo elettrico. Ben presto Tyler parte con il suo ricamo malinconico, costruendo pazientemente il tema, mentre le tessiture di chitarra elettrica ripetono circolarmente la melodia. In questo caso le variazioni sono sì più sottili, ma anche più pervasive: è lo spazio intorno a mutare, grazie ai vaporosi strati di chitarra elettrica e ai rintocchi acquosi di piano sullo sfondo che addensano l'atmosfera e si fanno sempre più pregnanti, fino a imporre alla solista una brusca variazione che, inaspettatamente, chiude categoricamente il brano.
Le due donne di William Tyler sono, forse, più di quanto suggerisca il loro apparire fugace in una produzione ormai voluminosa. Non trovando alcun riferimento in merito al nome di Rebecca (Sarah sarebbe invece la fidanzata di Tyler), ho fatto qualche rapida ricerca e ho scoperto che due importanti scrittrici femministe americane portano questo nome (Rebecca Walker e Rebecca Solnit) e che "Rebecca", il romanzo di Daphne Du Maurier, ha conosciuto diverse riletture in senso femminista. Ed ecco che il ruolo di queste due canzoni potrebbe (ma è una mia ipotesi del tutto libera e non suffragata da prove esplicite) andare oltre al semplice omaggio sentimentale.
William Tyler stesso, d'altronde, diceva in un'intervista che "the music industry in general—especially the guitar club—is way too much of a dude world, and it’s really boring to me and wrong that there’s not more women represented in it", rivelando una certa sensibilità in merito al tema della condizione femminile e, citando le favorite Marisa Anderson, Mary Halvorson, St. Vincent e Kaki King, aggiungeva che "a lot of the time, women are the most interesting players". Si diceva, una volta, che dietro a ogni "grande" uomo c'è una grande donna. Mi piace pensare, invece, che le donne di Tyler siano lì ben piantate davanti a lui, ne determinino la prospettiva, lo guidino invece di ispirarlo semplicemente. E che dietro a queste due semplici canzoni ci possa essere dell'altro. Chissà.
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