È da tempo che la sinistra valdostana non riesce a inserirsi adeguatamente nella complessiva disgregazione del patto sociale la cui origine può essere situata ad inizio anni Ottanta, dopo che, grazie alla legge sul riparto fiscale, la Regione – per tramite dell’Union Valdôtaine, ma anche del PCI – ha potuto disporre di un ammontare crescente e apparentemente illimitato di risorse finanziarie.
Il venir meno del collante della spesa regionale ha minato l’alleanza sociale tra ceto politico, dirigenti, dipendenti pubblici in esodo dall’industria in crisi, professionisti, imprese delle costruzioni e notabilato cittadino (avvocati, notai, ecc.), il che ha comportato una lotta intestina al ceto autonomista da cui sono emerse fratture non più componibili per mezzo della spesa a pioggia a disponibilità illimitata. I conflitti si sono fatti insanabili, non permettendo più di soddisfare le richieste delle varie componenti sociali e gestire i conseguenti rapporti clientelari tra i portavoce delle diverse istanze e gli assessorati, comportando così conflitti distributivi che hanno avuto il loro riflesso nella lotta politica.
E la sinistra?
La sinistra non ha dunque saputo inserirsi nella fase di scomposizione socio-politica, non riuscendo a intercettare e politicizzare le nuove forme di dissenso emerse sul territorio, risultando quindi incapace di costruire proposte concrete di politica economica e di riforma sistemica, concentrandosi invece su importanti battaglie ambientaliste e d’opinione (dal referendum sull’acqua pubblica e contro il nucleare, fino al referendum contro il pirogassificatore), che nella loro trasversalità non hanno però portato al consolidamento di una base e di un nuovo quadro dirigente (o di una forza organizzata e strutturata), oltre che di una piattaforma di sviluppo economico e sociale alternativa e pragmatica. La tendenza politica, in fase elettorale, a seguire le dinamiche legate agli sviluppi nazionali non ha fatto che assecondare la tendenza disgregatrice della sinistra nazionale, caratterizzata da forti discontinuità, scissioni e improbabili chiamate a raccolta pre-elettorali, risultate incomprensibili o non sufficientemente credibili a un elettorato sempre più smobilitato che, fatto salvo un nocciolo storico di sostenitori, non ha dato fiducia alle varie compagini progressiste.
L’unico momento di possibile crescita lo si è registrato alle regionali del 2018, quando, anche grazie al crollo elettorale del PD, la lista Impegno Civico ha raccolto oltre il 7% delle preferenze (risultato segnato, sebbene in maniera residuale, dalla scelta di Potere al Popolo di presentarsi da sola alle precedenti elezioni politiche e di tirarsi fuori dalla competizione regionale). Nonostante il successivo split in due gruppi, la nascita di ADU (meno verosimilmente quella di Rete Civica, posizionata al centro) potrebbe rappresentare un possibile polo strutturato per il voto di sinistra valdostano, purché si accetti la sfida di allargare il bacino dei sostenitori (allargando dunque i temi programmatici) e non si disdegni la creazione di una piattaforma allargata e condivisa sui temi dello sviluppo e del lavoro. La presenza di un gruppo di sinistra in Consiglio regionale assicura una presenza e un’attenzione inedita su dossier che espandono le possibilità di intervento e di riflessione verso nuovi settori e livelli di approfondimento, fornendo la possibilità per il consolidamento di un allargamento della base di riferimento.
Le elezioni europee del 2019 hanno però portato alla scomparsa del campo progressista, ridando slancio a un PD scelto come “collettore” e argine credibile del voto anti-populista. Per quanto non del tutto episodico (penso alla copertura mediatica delle elezioni di Zingaretti e alla conseguente possibilità di un rilancio della proposta del partito), la condizione dei democratici in Valle d’Aosta non sembra essere mutata significativamente (anzi, con la creazione di Italia Viva il partito ha perduto ulteriormente pezzi), il che potrebbe facilitare, almeno potenzialmente, la possibilità di intercettare parte dell’elettorato democratico (o almeno della sua componente più progressista) da parte di una realtà progressista. Questo però dipenderà dalla costruzione di contatti e di proposte credibili, capaci di spostare a sinistra settori politici e sociali orfani di un modello che pareva consolidato.
Il nuovo ruolo della Lega
Per quanto la retorica razzista e securitaria sia elemento imprescindibile del consenso leghista, il successo della Lega valdostana va spiegato tenendo in considerazione il suo ruolo interno al sistema valdostano, e dunque le domande sociali cui la dirigenza politica del partito sembra voler fare da catalizzatrice: i candidati alle elezioni regionali del 2018 erano professionisti, tecnici, imprenditori, commercianti e laureati, tutte categorie su cui ha pesato la crisi dell’autonomia in senso finanziario, o le cui domande non riescono a trovare adeguate risposte da parte di un’amministrazione anarchica e instabile, per non parlare di un gruppo di giovani (ma non solo) attento alla questione “morale” della crisi unionista. La crescita della Lega sembrerebbe guidata da un attacco frontale alla vecchia classe dirigente unionista, incapace di amministrare adeguatamente la Regione, nell'ottica di un ripensamento etno-liberista di un sostegno pubblico che presenti meno lacci e laccioli e che richieda meno controllo politico: una forma “leggera” di autonomia, dove una rinnovata spinta identitaria e il rilancio della libera iniziativa possano convivere.
Per una PROPOSTA di lavoro
Una piattaforma di proposte per il rilancio di un modello progressista di sviluppo socio-economico sostenibile, inclusivo e duraturo è elemento essenziale per la costruzione di un ruolo credibile della sinistra valdostana e una prospettiva di sviluppo, e deve far leva su una serie di assi portanti per il futuro della Valle d'Aosta, che devono assere caratterizzati da un legame organico tra loro e dal comune richiamo alla crescita dell’occupazione e del controllo dei lavoratori sui processi di sviluppo. Immaginare la Valle d’Aosta del prossimo futuro significa sia dotarsi di una prospettiva, sia articolarla ai vari livelli, sforzandosi di dare concretezza a proposte ad ampio respiro ma di concreta realizzabilità.
- Ripresa degli investimenti pubblici e ruolo di Finaosta e CVA : gli investimenti regionali sono in costante e ininterrotta debolezza, come confermano la Banca d’Italia e la Camera di Commercio nei loro rapporti, (diminuzione di più dell’80% della spesa per investimenti tra il 2011 e il 2016). Per questo bisogna insistere su soluzioni credibili per aumentare (e attrarre) la spesa disponibile per investimenti capaci di far crescere sviluppo e produzione di lungo periodo. Finaosta non riesce a dare adeguato respiro alle esigenze finanziarie delle imprese. Occorre ripensare al suo ruolo di propulsore dello sviluppo regionale guardando ai modelli operanti in altre realtà (ad es. modello delle banche pubbliche tedesche orientate al finanziamento dello sviluppo regionale), o all’implementazione del ruolo della BCC, e in generale sul credito come bene pubblico. Tra gli spunti potenzialmente d'impatto, quello dei finanziamenti concessi da Finaosta, non utilizzati e quindi bloccati. Inoltre: Cva può essere propulsore dello sviluppo e investitore nell’economia valdostana?
- Modello di impresa, crescita di scala e potenziamento relazioni industriali dal lato dei lavoratori: Le imprese valdostane sono caratterizzate da dimensioni insufficienti per reggere la pressione di un mercato sempre più aggressivo e a elaborare piani strategici e duraturi di sviluppo adeguati a una crescita solida e duratura. La crescita delle dimensioni medie delle imprese (non per forza delle singole unità, piuttosto della loro interconnessione reticolare o consortile) dovrebbe essere un obiettivo fondamentale, e dovrebbe essere associato a un piano per lo sviluppo di forme cooperative e “partecipate” di crescita. Penso allo sviluppo dei contratti di rete, alla promozione di forme cooperative o consorziali, alla connessione delle imprese esistenti in circuiti di scambio e economia circolare (parchi eco-industriali), al potenziamento delle competenze del management attraverso percorsi di formazione e attrazione di risorse qualificate (il che aprirebbe anche spazi per una seria riflessione sullo stato dell’istruzione superiore e universitaria in Valle d’Aosta) e ai settori legati alla ricerca e innovazione (penso ai settori energivori, per cui la Valle d'Aosta potrebbe rappresentare un ottimo insediamento). Occorrerebbe promuovere, infine, forme innovative di organizzazione di impresa, lavorando all’implementazione della possibilità del recupero da parte dei lavoratori delle aziende in fallimento (workers buyout, legge Marcora) o allo sviluppo di forme di mutualismo adatte al contesto occupazione valdostano.
- Infrastrutture e trasporti: La Valle d’Aosta ha un gap infrastrutturale evidente, sia logistico che materiale. Occorre una grande opera di connessione infrastrutturale e di ripensamento della mobilità, efficientando l’esistente (penso al caos urbano di Aosta e ai collegamenti insufficienti tra le vallate) e intervenendo con la realizzazione di una ferrovia degna di una regione a vocazione turistica. Legata al tema trasporti è la valorizzazione di un turismo il più possibile diffuso, destagionalizzato e differenziato: Aosta deve rappresentare un hub di raccolta e distribuzione di flussi leggeri e variegati, facilmente dirottabili verso un raggio di proposte ampio e a basso impatto, dall’escursionismo, al turismo eno-gastronomico, ai percorsi museali e paesaggistico-monumentali (il che comporterebbe anche una riflessione sulle risorse non valorizzate dell'Aosta "preistorica").
- Modelli innovativi di turismo, dal modello di piattaforma a programmi specifici per i siti turistici trascurati (castelli, Aosta preistorica, app e promozioni, recupero alpeggi d’alta montagna): Il modello della piattaforma può diventare sistema pubblico di raccolta e monitoraggio dei dati e risposta alle domande dei cittadini. Il turismo potrebbe beneficiare dello sviluppo di una piattaforma innovativa capace di connettere i vari nodi attrattivi sul territorio, facendo da base di controllo per monitorare i flussi, valutare le risposte e mettere in contatto pacchetti di promozioni, informazioni, operatori (ecc.). Lo sviluppo di un settore giovanile e tecnologico associato potrebbe inoltre avere un richiamo (penso allo sviluppo di bandi e progetti di valorizzazione innovativa e gestionale di siti trascurati e abbandonati). Occorrerebbe poi dare una vocazione imprenditoriale e turistica a basso impatto all’alta montagna, dagli alpeggi (molti dei quali da recuperare: immaginare una media via degli alpeggi?) ai borghi, dai rifugi ai bivacchi. Inoltre è necessario un lavoro di marketing più accurato e rispettoso dei prodotti del territorio (con eventuale espansione della produzione oltre il mercato interno), anche attraverso un potenziamento in senso di ricerca, promozione, consulenza e offerta di servizi altamente qualificati da parte dell’Institut Agricole Regional.
- Università generalista e inclusiva legata a rilancio Aosta e a reti di ricerca e sviluppo con realtà innovative regionali e extra-regionali: L’università è un nodo cruciale, se pensata come modello per il rilancio della composizione sociale e delle competenze diffuse sul territorio. Un’università in grado di attrarre grandi numeri di studenti (discipline generaliste, ma anche settori ad alto ritorno di investimento) e non piccole nicchie, potrebbe avere un impatto sulla città di Aosta significativo e vivacizzare il tessuto sociale, comportando un flusso e una circolazione di conoscenze potenzialmente attivabili per la crescita locale. Sarebbe importante pensare alla connessione dell’università con il mondo delle imprese (per quanto non come obiettivo esclusivo) e con strutture di ricerca regionali e extra-regionali.
- Ruolo del pubblico e rapporto tra uffici, dirigenti, politica: il settore pubblico è di fondamentale importanza per lo sviluppo di un piano di grande respiro, per la movimentazione di risorse finanziarie e per la direzionalità/qualità dello sviluppo. Occorre però rendere la Regione adatta a questo scopo, ragionando sull’efficienza degli uffici e l’autonomia relativa di funzionari e dirigenti da condizionamenti politici. La politica dovrebbe essere messa nella condizione di elaborare obiettivi e strategie di ampio respiro e di medio-lungo periodo, e non di limitarsi esclusivamente al ritorno elettorale, personalistico, di ogni proposta. Sarebbero da istituire cabine di regia operative per ogni livello programmatico e uffici adeguatamente forniti di personale e competenze, capaci di costituire il braccio della politica industriale regionale, evitando lungaggini immotivate e distorsioni.
Questi sarebbero solo alcuni degli assi su cui ragionare per un ampliamento della prospettiva della sinistra valdostana. L'esistenza di un gruppo strutturato è condizione necessaria per la non dispersività e la continuità di un ragionamento sistematico e per le necessarie connessioni sociali utili alla formazione di una visione il più possibile condivisa e permeante. La sfida sarebbe quella di provare a formare, almeno su alcuni temi, una visione egemonica, riuscendo a dettare l'agenda e non a subirla passivamente, riducendo l'opposizione politica a una mera contrapposizione. Se non si contribuisce a definire un modello appagante, desiderabile, migliore e pragmatico, l'adesione d'opinione (sempre più spezzettata e inconsistente) sarà la prospettiva (comoda ma ininfluente) del progressismo locale per i prossimi decenni.
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