Laura Marling potrebbe benissimo appendere la chitarra al chiodo (cosa che, fortunatamente, non farà), avendo già all'attivo due capolavori di moderno folk britannico. A soli 21 anni la musicista inglese pubblica "A Creature I Don't Know", capace di spazzare via la concorrenza in un sol colpo, affermandosi come una delle più autorevoli autrici folk in circolazione (in un panorama dove, a dominare, erano soprattutto le correnti "barbute" indie, meglio se americane: regnavano allora, dando un'occhiata alle classifiche di un campione scelto di webzine, Bon Iver, Fleet Foxes e Kurt Vile).
Nonostante lo scarso riconoscimento nelle classifiche del 2011, il terzo lavoro della Marling fu molto apprezzato dalla critica, che ne riconosceva la maturità e la forza, confermando il netto passo in avanti rispetto ai lavori precedenti.
"A Creature I Don't Know" rappresenta un coraggioso sforzo di indipendenza, recuperando una tradizione perlopiù ignorata dai giovani (quella del british folk, ma non solo) e di non facile confronto: la Marling riscopre un'interpretazione personalissima dei brani, quasi teatrale, giocando -a livello stilistico- con accordi astrusi, arrangiamenti jazz e chamber, equilibri di trame acustiche e dirompenze elettriche, oltre che con nomi tutelari di alto livello (Joni Mitchell, Sandy Denny, Roy Harper, Bert Jansch, Richard e Linda Thompson, Jimmy Page).
Con l'episodio successivo, poi, si fa ancora meglio. "Once I Was an Eagle" è summa definitiva di quanto raggiunto, più sinteticamente, con l'album precedente: qui la Marling costruisce definitivamente la sua personalità artistica, metabolizzando integralmente le influenze di cui si parlava poc'anzi: praticamente 50 anni di musica folk e pop fatti propri.
Dopo un altro lavoro eccellente come "Short Movie" (quello della perdita e del dubbio, della peregrinazione negli Usa, più elettrico e aggressivo), il nuovo "Semper Femina" non fa che confermare l'inarrestabilità dell'ormai 27enne musicista inglese. Continuità a livello qualitativo, dunque, ma non solo: il nuovo capitolo della Marling è forse il primo a concedersi un vero stacco stilistico.
Finora, infatti, le variazioni erano state perlopiù questione di intensità, di dosaggio e assemblaggio delle varie componenti, di rinnovati espedienti narrativi. Questa volta invece il sound assorbe nuova linfa, esplorando territori fin qui lasciati da parte, giocando con una scrittura più essenziale e minimalista e, soprattutto, con una presentissima componente "black". "Semper Femina", prodotto da Blake Mills (Alabama Shakes, Fiona Apple, Jesca Hoop), è il vero album "americano" della Marling, che sembra aver lasciato sedimentare a fondo gli influssi dell'esperienza losangelina.
I pattern ritmici di "Soothing", così marcatamente r&b, come quel basso sensuale e caldo, non sono che il primo evidente indizio del cambiamento: un brano scomposto, sincopato, dagli arrangiamenti che, con i loro movimenti cinematici, ricordano l'approccio "arty" di una Julia Holter (mentre in "The Valley" e nell'eccezionale "Next Time" la Marling sfoggia tutta l'eleganza classica degli archi).
A stupire, poi, sono l'incredibile "Wild Fire", colma di sapori blues e americana, tra Neil Young e Joni Mitchell, e una ritrovata verve vocale, che sfrutta il solito chit-chat in funzione di notevoli aperture soul, e la sottile "Always This Way", con quel suo strimpellare sordo, risolto soltanto in un lick finale risolutivo e liberatorio.
Certo, l'impronta folk rappresenta ancora la componente principale della scrittura, degnamente rappresentata nelle solenni "Wild Once" e "Nouel", ma le canzoni iniziano a vibrare e a risentire di esigenze finora tenute in quiete: le composizioni sono più ariose, i richiami pop maggiormente presenti, come sono più pregnanti i rimandi alla musica americana ("Nouel", per esempio, sembra un brano di Jackson C. Frank, mentre l'ultima "Nothing, Not Early" è, praticamente, un pezzo southern rock). L'impressione, quindi, è che il futuro sia tutto dalla parte di Laura Marling, tra le più solide presenze della musica contemporanea. Sarà un piacere (e una fortuna) seguire le sue prossime evoluzioni.
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