Ascoltavo, ad esempio, i Cheap Trick di "Heaven Tonight" (anno 1978) e il viaggio è stato interessantissimo. Il power pop, si sa, è caratterizzato dal profondo rapporto con le costantemente rinnovate armonie beatlesiane (e più in generale con il pop rock di fine anni Sessanta), ma qui le cose si fanno più complicate.
Si prenda "High Roller": il riff iniziale è al cento per cento Stooges (quindi andiamo al 1973 di "Raw Power") ma subito interviene il vocalist Robin Zander a piegare il tutto a sensuali dinamiche di stampo Rolling Stones (dai, facciamo 1969? E forzando un po' la mano si potrebbe viaggiare fino agli Happy Mondays del 1990), convogliando il tutto alle cristalline melodie "fab four" del ritornello.
C'è però un altro brano che ha catturato la mia attenzione: lo splendido rock'n'roll di "California" mi ha riportato alla mente (lungo percorsi del tutto personali, legati ad assonanze e libere associazioni) una band piccola e sfigata del 2014: gli Orwells, che sì hanno componenti power pop, ma mescolate disordinatamente con garage punk, grunge e indie rock anni Novanta. Dai, come non notarlo? Stesso fare cazzaro, stesse inflessioni vocali "singhiozzate", stessa attitudine adolescenziale, stessa inclinazione alla melodia facile. Il chitarrista Matt O'Keefe, alla domanda "cosa stavate ascoltando durante le registrazioni di Disgraceland?", rispondeva così:
"There were a lot of people we were listening to — you know, cheesy Seventies rock bands you can't get into when you're in middle school but then you rediscover and you can finally understand what they're singing about. Like a lot of Cheap Trick and the Heartbreakers."
Quando si dice che la musica "fa viaggiare", non si intende per forza il caricaturale abbandono trascendentale di chi ascolta "The End" a occhi chiusi dopo la cannetta della buona notte. Significa letteralmente spostarsi avanti e indietro nel tempo, con più o meno fantasia e libero spirito collagista.
Bello, no?
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