Verdena - WOW (Universal, 2011)

Ho sempre considerato il percorso dei Verdena come un ottimo esempio di maturazione progressiva, lineare e costante. Una carriera impeccabile, in una parola. In breve, con il primo album prevaleva un approccio alternative che univa la rabbia grunge al nervosismo dei primi Placebo. Con "Solo un Grande Sasso" si faceva un netto passo avanti dilatando ed irrobustendo le architetture sonore. La summa di questa ricerca trovava l'apice nello splendido e definitivo (con il pregio della sintesi) "Il Suicidio dei Samurai": un gioiellino di alternative rock in grado di stare a fianco di mostri sacri della recente scena italiana come Marlene Kuntz e Afterhours. La conferma definitiva dunque, la chiave di accesso al sacrario rock di noi altri. Ed ecco che però i Verdena non si siedono sugli allori, anzi, fanno uscire dopo tre anni "Requiem", un'altra prova di coraggio e sperimentazione, dove prevale l'attitudine psichedelica e dove si allarga sensibilmente lo spettro sonoro.


Ed eccoci al 2011: dopo quattro anni i nostri dimostrano di essere vivi più che mai e di avere un mare di idee da sviluppare. E questa volta si tratta di una messa in discussione radicale del sound cui eravamo abituati. Certo, le origini più prossime si trovano nel già citato "Requiem", come è vero che l'anima della band è sempre la stessa... Ma questa volta c'è da rimanere spiazzati dallo strabordare di materiale, dall'esplorazione dei più disparati ambiti sonori: dal pop alla psichedelia, dallo stoner al rock alternativo, dagli anni '70 all'elettronica. Si è parlato di un "Mellon Collie" nostrano e la cosa non è poi così azzardata: "Wow", con i suoi 27 pezzi (si tratta di un doppio album) e la sua enciclopedica onnicomprensività pare avere tutte le carte in regola per meritarsi questo paragone.

Generato da un isolamento forzato (segno ulteriore della validità artistica di un gruppo che non si è mai appiattito o adagiato nell'autocitazionismo), registrato nel loro Henhouse Studio, "Wow" ci si presenta come una creatura curatissima e scalciante, caleidoscopica e intrisa delle sensibilità ed esigenze del tutto personali di tre musicisti che sono maturati abbastanza ed ora...fermentano.

Il pianoforte, il pop, una canzone dotata tanto della visionarietà Barrettiana quanto della solidità melodica della migliore canzone italiana. Tutti elementi che troviamo in composizioni come "Scegli Me (Un Mondo Che Tu Non Vuoi)", ballata intensa e ricchissima, "Le Scarpe Volanti", che sfodera un indimenticabile giro di basso e rimanda con genialità ad un'impostazione molto vicina a certi MGMT, "Castelli in Aria", morbido brano adagiato su una linea di synth intrisa di umori acidi, "E' Solo Lunedì", cadenzato dai rintocchi di piano e ancora la leggerissima eleganza di "Nuova Luce". Il meglio però ci giunge dalla bipartita "Sorriso in Spiaggia", vero e proprio alfiere nel rappresentare la conquistata padronanza di un pop incredibilmente fantasioso, mutevole ed assolutamente irrefrenabile nel suo saltellare da un tema all'altro.



Non si perde certo la carica rock che da sempre scuote la produzione del trio: lo dimostrano pezzi del calibro di "Loniterp", gonfia di tutta la maestria verdeniana e impreziosita da un'aumentata profondità di vedute, da sviluppi strumentali mozzafiato, granitiche esplosioni rock e divagazioni sperimentali tutt'altro che superflue (il doo wop conclusivo è qualcosa di davvero straniante). Cosa dire poi del martellare pesantissimo, al limite dell'industrial, della roboante "Mi Coltivo", stupenda nel suo intrecciare inserti di chitarra solista anni '70 (nelle sue varianti hard e psych) al classico stile febbrile del gruppo, sempre al massimo dell'espressività anche in "Lui Gareggia", nell'heavy psych imponente di "Attonito", nella baraonda di "Rossella Roll Over", nell'irrefrenabile delirio stoner di "Sul Ciglio".



La pregnanza acida aumenta a dismisura in pezzi come "Per Sbaglio", ricolma di soluzioni stordenti, di intermittenze elettroniche, di sviluppi mutevoli e circolari, ma anche di una curiosa marca cantautoriale alla Bianconi (ascoltare l'intro per credere...). E' in brani come questo che pare decisiva la tappa di "Requiem", capace di riuscire dove "Solo un Grande Sasso" non riusciva, ovvero nell'approfondimento delle parti strumentali e nel superamento dei confini della canonica forma canzone. Anche in ballate morbide e dense come "Grattacielo" si riesce comunque ad imprimere un forte mood psichedelico fatto di dilatazioni e riverberi, incedere ipnotici e trame levitanti. Ma quando si parla di spettro sonoro a 360° si dice sul serio: un brano come il singolo "Razzi Arpia Inferno e Fiamme" mette in gioco un curioso space-folk che farà compagnia alla dolcissima e ariosa "Il Nulla di O.", all'altrettanto disarmante "Tu e Me", allo splendido country folk (!?) di "Canzone Ostinata" (con tanto di steel guitar) e alla sopita e distesa "Letto di Mosche" e ai suoi preziosismi di chitarra acustica.



Gli intermezzi giocosi e distensivi di "A Cappello" e "12,5 mg" contribuiscono a dare fluidità e leggerezza ad un doppio album dove le ripartizioni stilistiche non sono da intendersi come blocchi immobili, ma intenti a fondersi tra loro in un continuo dialogare, intrecciarsi e richiamarsi.

In conclusione siamo di fronte al vertice della produzione dei Verdena, un condensarsi della loro storia e della loro dirompente creatività. La loro capacità compositiva, le loro armonie, le loro trovate melodiche acquisiscono una stazza ed una magniloquenza mai raggiunta prima d'ora.

Salutiamo quindi "Wow", quinto lavoro dei Verdena, come un trionfo non solo per la band, ma per il rock italiano tutto.

Recensione tratta da: http://www.storiadellamusica.it/classic_rock-psichedelia-wave/psychedelic_rock/verdena-wow%28universal-2011%29.html
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