Sand guarda le
macchine sfrecciare dal cavalcavia, ragazza mia, la vita è corta, non perderla
a sognare, vola via.
Le mani legate
all’acciaio come catene, sola come un cane tra le iene, lei pensa a spiagge
lontane tra ruggiti di motore e urla di sirene.
Sulla strada
sfreccia la peggio feccia ma lei non vede altro che una faccia tonda e gioconda
che la guarda, le passa accanto, si volta e non aspetta.
La tristezza
la circonda, la abbraccia e la conforta mentre una mano la accarezza e l’altra
le recide l’aorta.
Dietro ogni pensiero
si aprono mille porte ma se il sole non dorme ogni desiderio si perde
all'orizzonte.
Forme contorte
si aggirano nella mente più acuta ma la ragione non fa luce ed ogni sentiero
conduce ad una grotta più buia.
Si fa sera,
l’autostrada si fa muta e Sand ancora stringe la ringhiera e pensare alla
caduta non la aiuta.
L’asfalto
immobile e sterile rende la mente più labile e, per quanto nobile, ogni animo si
scopre debole e instabile.
Sand non
sentiva il vento che le sussurrava, Sand non vedeva ma guardava.
Era tutto un
gioco e il mondo sotto di lei giocava ma Sand non conosceva le regole e, ad
ogni mano, passava.
Costruiva
castelli in aria ma la sabbia era cemento, il castello senza principe e l'aria
a pagamento.
Se solo si
fosse fermata ad ascoltare il vento e non avesse continuato a lottare, sola e
nuda, uno contro cento.
Parole nel
vuoto, si perdevano nella paura dell'ignoto perché la vita troppo vuole e tu
fai sempre troppo poco.
Le parole
venivano da sole e ad ogni rivelazione si apriva una voragine di smarrimento e
confusione.
Un lento tepore
sciolse immagini fragili di paesaggi lontani mentre onde di calore le restituivano
colore alle mani.
Mani senza
catene, libere di dipingere una vita ancora giovane, Sand non era più immobile,
era pronta a vivere.
Niente più
maschere di acciaio e cemento, si sarebbe asciugata gli occhi col vento e le
ferite col tempo.
Forte di nuove
scoperte Sand si guarda attorno e scopre mille porte aperte.
Vaga da sola
nella foresta più scura e la luna la aiuta a tenere la paura chiusa in un
sacco di iuta.
La città alle
spalle, nella frenesia della follia di una notte sempre bianca dove la banalità
ti fotte e non si stanca.
La bugia vive
di luce e nel buio brancola, in mille facce uguali si mischiano falsi ideali
fatti di alcool, capitali e bamba.
Sand non sente
più la presa della metropoli che la strangola, cammina sotto la luna e miagola.
Cerca la magia
nella natura e non nota un’ombra scura che vaga randagia in una notte senza
stella alcuna.
Perché la
risata più sincera sulla bocca severa diventa amara e falsata dal ghigno che si
trova stampata la sera.
Così Sand
corre ridendo ad un mondo sbilenco che la guarda di sbieco cogliendo soltanto
un distorto frammento di quel momento perfetto.
Un lento
silenzio e, riflesso in un occhio di vetro, lo sguardo del mostro incrocia il
riso sincero senza difetto.
Accucciato in
un angolo con l’invidia dell’angelo che rifiutò il paradiso per regnare
all’inferno da diavolo.
A caccia di un
brivido con l’invidia per l’animo che fiutò il paradiso nel cuore dell’inverno
più gelido
Gli occhi
cremisi nel buio, la creatura e la sua nemesi, occhi rossi come fari accesi fissi
sui suoi tratti esili.
Ma il destino
non da niente per niente e quel che vende si riprende sempre lasciando al verde il re e ricco il pezzente.
Ti guarda
negli occhi e mente mentre ti scava nell’anima lasciando il cadavere inerme, la
fossa vuota e il becchino morente.
La creatura ha
un bersaglio, zero regole e nessuna scusa per mancarlo, non si può fallire e
non è ammesso sbaglio.
Sand sbadiglia
ancora sveglia in una notte di scompiglio e si accorge del fiato sul collo solo
quando è troppo tardi per sfuggirlo.
Un bisbiglio
all’orecchio e il padre si scopre già vecchio agli occhi del figlio perfetto che
muore mentre l’amore si fa disprezzo.
Sand sprofonda
sconvolta, e mentre affonda abbozza un’ultima volta un sorriso che ai migliori
manca ma agli stolti abbonda.
Se vuoi, ti
posso raccontare il finale ma è una storia banale, inizia in una lacrima e
finisce a mezza pagina, finisce male.
Si spegne una
stella nel cielo ogni volta che muore un guerriero ma io quella notte accesi un
cero per la regina più bella del reame più nero.
Chi sconfigge
la paura di cambiare resta sempre latitante perché la vita è un mercenario e
paga sempre l’erario in contante.
Sand credette
in un istante che la gioia del boia fosse la gloria di un’ora d’aria ma anche la storia più gaia dopo una strofa ti annoia.
Così la vita
invidia chi sfugge l’accidia, rincorre miraggi di spiagge selvagge e viaggia nella
sua follia sempre solo e senza valigia.
Grigia in
camicia consiglia l’emancipazione dalla folla, un’azione di rivolta con opzione
di svolta ma la ragione non l’ascolta...
...e vola via.
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