Tra fine delle lezioni e sessione esami
io e R. non ci siamo più visti per un bel pezzo. Che fine aveva
fatto, dava gli esami? Nemmeno allo scritto del corso delle 16 si era
fatto vivo. Poco male, io continuavo ad essere immerso nell'universo
dissenziente, facevo mille conoscenze e credevo che tutto potesse
cambiare solo perché noi lo volevamo. Non volevo dargli ragione, non
credevo neppure l'avesse. Per quanto ragionevole, il suo sistema
portava al rifiuto di ogni pratica collettiva, all'azzeramento in
partenza di ogni possibilità di una presa di coscienza di massa. Mi
sono confrontato con tante di quelle persone che subito la
convinzione di essere nel giusto, per un attimo vacillata di fronte
alla limpidezza del ragionamento di R., è ritornata dalla mia parte.
Bisognava far presto e non appena ricominciato il semestre
ricominciare a sensibilizzare, a volantinare, a scuotere il grigiore
e l'afasia delle aule universitarie. In più avevo conosciuto una
ragazza che era una favola, tanto vorace a letto quanto entusiasta
nelle riunioni e nei cortei. Aveva i capelli neri e gli occhi grandi,
rideva spesso -come piaceva a me- e la sua testa produceva pensieri
uno dopo l'altro. Tutti belli e luminosi. Mi infondeva coraggio e
fiducia. Quando camminavamo assieme per le vie della città sembrava
che tutto si accordasse ai nostri passi, che tutto ammiccasse al suo
sorriso, che ogni cosa fosse concorde alle sue idee.
Poco tempo dopo infatti, dopo una
lezione particolarmente inutile incentrata sul sistema cooperativo
che è tanto virtuoso e bello ma destinato a fallire perché viviamo
nel capitalismo, bellezza, ci siamo trovati fuori dall'aula.
- Ci facciamo una camminata?, ho
chiesto.
- Perché no, c'è pure il sole,
ha risposto.
Era una di quelle giornate di fine
gennaio gelide e trasparenti, con il sole che lanciava i suoi raggi
obliqui facendo luccicare i pochi rimasugli di neve non ancora
sciolti, le pozzanghere grigie sui bordi dei marciapiedi, i ninnoli
di ferraglia delle bancarelle lungo il quartiere studentesco. R. era
come al solito impeccabile, con i suoi guanti di pelle nera e
quell'aria da libero pensatore gentiluomo d'altri tempi.
- Sai, l'altro giorno mi sei
sembrato un po' strano. Dico, con la tua ragazza. Carina tra l'altro.
Come vi siete conosciuti?
- Non ricordo, forse a qualche
festa. Si, molto carina.
Sono passati pochi istanti di comune
silenzio, poi ha aggiunto -comunque non ero strano, è che con
lei, con la gente come lei intendo, bisogna essere diversi.
- Diversi? In che senso?
- Nel senso che non possiamo parlare
di Marx e di filosofia, non ne capisce nulla, non le interessa.
- Be' ma a te si, o sbaglio? Cioè,
al diavolo Marx, ma non dirmi che davvero con lei non fai altro
che discutere della qualità dei locali notturni bene...
Sembrava interdetto dalla mia critica.
- Certo, di cosa vuoi che
parliamo? Con lei si parla di banalità, con altri di filosofia,
con altri ancora di macchine sportive. Mi pare ovvio.
- Ma scusa, non ci si può sempre
mimetizzare come dei camaleonti. Si dovrebbero cercare persone con
cui condividere la propria personalità. Persone affini, ecco.
- Sbagli. Le relazioni sociali non
funzionano così, almeno non per me. L'affinità si crea, non si
trova.
- Tu dici? Mah.. E come funzionano
per te le relazioni sociali?
- Mmm. È come una festa in maschera
a tema. Se vai ad una serata in cui tutti si conciano da supereroi
vestito da Topogigio sei fuori tema, sei un coglione. No?
- Mai andato alle feste in maschera.
- Hai fatto male, si trovano un
sacco di Catwoman niente male in occasioni come quelle. Ad ogni modo
il fatto è che per avere successo nella vita sociale bisogna essere
dei camaleonti. Bisogna dire quello che gli altri vogliono sentirsi
dire, vestirsi nel modo giusto...
- Questo è non avere personalità,
dai!
- Si, però non nel mio caso, io
sono bravo. Io gioco d'anticipo, io sono quello che gli altri si
aspettano. La mia personalità è funzionale alle attese altrui, è
molteplice.
- Quindi anche quando parli con me
stai travestendoti per incastrarti con le mie esigenze?
- No, non è proprio così. Io
mantengo un nocciolo di personalità. Non dico
cose diverse a seconda dell'ambiente, non mi travesto da qualcuno che
non sono. Però rivesto questo mio nocciolo in modo da farlo digerire
nel modo più consono a seconda della situazione. Non dirò mai ad
uno come te che stravedo per il movimento studentesco, ad esempio.
Dirò qualcosa tipo “interessante, è giusto impegnarsi in
qualcosa”. Così tu sei contento ed io ho mantenuto la mia
integrità senza svendermi.
- Che stronzate. Scusa eh ma così
tu non ti esponi. È facile in questo modo. Non ti riveli mai per
quello che sei così che nessuno possa metterti in discussione,
nessuno possa scoprire i tuoi difetti. Sei invisibile, di fatto, sei
un accessorio per gli altri quando credi che siano gli altri ad
essere degli accessori per te. La verità è che hai paura degli
altri, ecco.
- No, che dici? Non è vero, io non
temo la gente. Io semplicemente cerco di accordarmi con la
molteplicità, di cogliere le tante opportunità che ci sono qui
fuori. Non ti scaldare però, stai tranquillo, amico. C'è già il
riscaldamento globale che ci farà friggere le chiappe. Ricordati che
bisogna essere cool in ogni situazione.
Era strano, perché non riuscivo a
credere che fosse convinto di quello che mi aveva appena detto. Era
così naturale nel suo approccio con me, nel suo scherzoso rimettere
nei binari una discussione infiammata, che mi pareva impossibile
stesse fingendo. Se il suo era un personaggio era un genio, un
malefico calcolatore. Uno stupendo professionista dei rapporti
sociali. Era affascinante, inutile dirlo. Non riuscivo a provare vera
antipatia nei confronti di R., perché sembrava avesse maledettamente
ragione quando diceva che non era passivo, ma al contrario modellava
gli altri. Fregandoli, di fatto. Era cinico e opportunista, ma dotato
di una lucidità e di una naturalezza ammirevoli. La discussione è
così continuata divergendo su altri fronti. Ascoltava ottima musica,
leggeva libri ricercati, andava al cinema, conservava (sono riuscito
a leggerlo tra le righe e sono convinto che fosse davvero la sua
opinione) una visione critica sulla società particolarmente
brillante e consapevole. Era una persona piacevole, colta,
interessante. Dopo una mezz'oretta siamo giunti ad un incrocio.
- Io vado di là, mi ha detto
- Io di là,
ho risposto indicando la parte opposta
- Be' alla
prossima.
- Si ci
vediamo... Aspetta. Senti, dopodomani c'è un'assemblea importante.
Vieni pure tu.
In un microsecondo
un'idea si era formata nella mia testa. Volevo metterlo alla prova.
Volevo portarlo in quell'ambiente, forse l'unico, nel quale aveva
manifestato la ferma volontà di non avere intenzione di andare.
Volevo capire come si sarebbe atteggiato, come avrebbe fatto fronte a
quel brulicare di voci dissenzienti, di pareri, di opinioni.
- No, lo sai che
non mi interessa.
- Dai fai uno
strappo alla regola, è un'assemblea importante, si deciderà come
proseguire la mobilitazione nel nuovo anno.
La sua espressione
era più che eloquente nel manifestare un assoluto menefreghismo in
merito.
- Ti sfido a
venire, mettiamola così. Vediamo come te la cavi. Hai detto che sei
il migliore, che sai sguazzare in ogni situazione uscendone vincente.
Prova a districarti in un'assemblea studentesca. Scommetto che non ce
la fai!
- Che stronzo.
Vuoi proprio mettermi nel sacco... Senti, va bene, faccio un salto.
Ma quando mi rompo me ne vado. Ok?
Non mi sembrava
troppo entusiasta -anzi era entusiasta quanto un pilota costretto a
fare ammaraggio- ma aveva detto sì.
- Ok, ci vediamo
dopodomani allora. Ok? Mi raccomando!
La sua poco
convinta conferma era comunque una conferma, tanto bastava. Ero stato
spudorato, l'avevo incastrato. Non per cattiveria, ripeto, solo per
curiosità. Aveva accettato la sfida ed ora le cose si facevano
interessanti. In cuor mio speravo che una volta lì il confronto
l'avrebbe stimolato, che fosse cambiato, che avrebbe cominciato ad
impegnarsi per la causa. Una mente come la sua poteva servire. Volevo
redimerlo da quel funzionalismo che lo rendeva un perfetto automa, un
conformista bello e buono, che se ne rendesse conto o meno.
Matteo Castello
Matteo Castello
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