Amore, forse è meglio se smettiamo di farci...

Si alza, la testa un po’ scossa. Il piede non trova la ciabatta, era sicuro fosse lì. Barcolla fino alla porta ancora mezzo confuso. Ha un vago sentore di urgenza per la testa – ah sì, la sveglia – e quasi non si rende conto che è già in cucina. Mentre cerca la caffettiera d’istinto, lascia che il cervello connetta lentamente, senza sforzi. La sensazione di urgenza passa, lo shock della sveglia è finito. Arriva un’ondata di malinconia mentre ormai la caffettiera è già magicamente pronta. 
Cri si ferma un attimo, la fissa e per mezzo secondo si chiede come ha fatto a montarla in questo stato d’incoscienza. Ripercorre due passaggi all’indietro e si ritrova impantanato in quella vischiosa malinconia mattutina. Perché, perché? Spalanca le tende ma la nebbiolina autunnale non lo aiuta. I lampioni arancio delle sei di mattina si vedono a stento in mezzo a tutta quella foschia. Evvai! Un’altra giornata che comincia col piede giusto.
“Caffèèè”


Il richiamo della giungla e la casa si sveglia di colpo. Un’invasione di zombie, la cucina si riempie di bambini pantofolanti. Sciaff sciaff, ippopotami, cani, panda e gatti di pelouche irrompono nella stanza. Gridano, si battono le enormi braccia pelose sul petto, ululano alla luna. La più piccola, Anna, si arrampica sul tavolo e con un balzo felino arriva in cima all’armadio.
“Noo, Anna, scendi!”
Il piccolo Francesco striscia sul pavimento, la pinna nera, minacciosa, sfreccia tra le mattonelle a pelo d’acqua. I bagnanti scappano, un bambino ciccione non riesce ad allontanarsi abbastanza in fretta. Aveva un gigantesco salvagente a forma di papera in vita. Un errore di punteggiatura e il salvagente gli costò la vita. Adesso la testa della papera spunta, sgonfia e inerme, dalle fauci insanguinate di Francesco. Piccola peste, è il più piccolo ma questa non deve essere una scusa. Cri lo sa ma, nonostante questo, non riesce a trattenere un sorriso mentre lo guarda strisciare tra i tavoli.
Il sorriso gli sparisce di bocca appena Ale entra dalla porta.
“Federico rialzati subito!”
E poi, a Cri: “Amore, guarda cosa stanno combinando i bambini! Ogni mattina la stessa storia, non posso intervenire sempre io. Diglielo anche te ogni tanto!”
“Lo stavo per fare, Ale” mente Cri e abbassa lo sguardo colpevole.
Sono una bella coppia, sono fatti per stare insieme e Cri lo sa. Senza Ale non ce la farebbe mai a tenere a bada quel branco di belve scatenate. Rimarrebbe tutto il giorno ad ammirare lo spettacolo, a guardarli mentre mettono a soqquadro la casa e a piazzare scommesse tra se e se. Cri scommette sempre su Giada, è la sua preferita. La vuole veder crescere su spavalda e smorfiosa, vuole un maschiaccio. Cri non l’ha mai rivelato a Giada che tifa per lei, la piccolina potrebbe montarsi la testa, perdere la concentrazione, perdere la leadership.
“Giada”
“Sì?”
“Ah scusa, non sapevo dov’eri” – “niente”
Giada ha le ciabatte più belle di tutti, sono tre camaleonti bianchi. Belli e letali. Fissano Cri dritto negli occhi finché uno dei tre non distoglie lo sguardo. Di solito è Cri. Questa volta è Ale: ha sentito la caffettiera che scoppola ancora prima di raggiungerla con gli occhi. Ale ha sempre pensato che il valore di una coppia è proporzionale alla superficialità con cui essa convive. Ora non lo pensa più. Corre verso i fornelli ma non fa abbastanza in tempo: il caffè schizza ovunque e finalmente Cri riesce a vedere Giada. I camaleonti sono diventati marron. Scottati e macchiati squittiscono di dolore. Anna rizza i peli sulla schiena e soffia contro la sorella. Cri e Ale sono immobili. Solo il piccolo Francesco continua a sguazzare tranquillo in quel mare di caffè fumante. La pinna ritta come un pennone e tra le fauci un macabro scalpo.
“Bastaa! Non ce la faccio più, non è possibile” sbotta Alessandra.
Silenzio.
Cristina incrocia il suo sguardo, la cucina tutta imbrattata, la caffettiera esplosa, il piccolo Francesco a gattoni sul pavimento, Anna che piange e il cadavere di Giada deformato dalle scottature del caffè.  Le sue candide ciabatte macchiate, il suo sorriso spento, la sua smorfia di lacrime e dolore.
“Hai ragione amore, forse è meglio se smettiamo di farci.”
Sciaff, sciaff, ippopotami, cani, panda e gatti di pelouche tornano in camera in cerca di una siringa pulita.
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